La produzione della FNM "2000" viene interrotta nel 1969, esattamente un anno dopo l'acquisizione da parte dell'Alfa Romeo del controllo diretto della FNM, lasciando immediatamente spazio alla FNM "2150". Stilisticamente quasi identica alla "2000", la "2150" adotta sempre il classico bialbero 4 cilindri in linea, ma con una cilindrata portata a 2132 cc e una potenza massima pari a 125 cv. Anche il cambio venne aggiornato, disponendo ora di 5 rapporti. Esteticamente, la "2150" si distingueva dalla precedente "2000" soprattutto per l'adozione di una nuova calandra e di uno scudo simile a quello delle italiane Alfa "1750" berlina del 1968. La FNM "2150" rimase in listino sino al 1974, anno in cui iniziò la carriera della nuova "2300".
L' Alfa Romeo "2300" è il modello che segna la scomparsa del marchio FNM. Se da una parte è indubbiamente vero che la "2300" si ispirava all'estetica della nostra "Alfetta", è d'altra parte altrettanto vero che in realtà le due vetture (la "2300" e la "Alfetta") presentavano tra loro differenze sostanziali.
Le due auto erano differenti innanzitutto nelle dimensioni: la prima serie della "Alfetta" (1972) misurava 428 cm in lunghezza e 162 cm in larghezza, con un passo di 251 cm; da parte sua, la "2300" misurava ben 472 cm in lunghezza, 169 cm in larghezza, con un passo pari a 273 cm. La 2300, quindi, disponeva di misure in grado di garantire un'ottima abitabilità interna. Tuttavia, sotto il profilo squisitamente stilistico, il risultato d'insieme mancava forse di quell'armonioso equilibrio e di quella personalissima caratterizzazione che tanto contraddistingueva la "Alfetta". Ma "2300" e "Alfetta" erano sostanzialmente diverse anche dal punto di vista meccanico, in quanto nella 2300 nulla restava della innovativa meccanica della bella berlina italiana.
Infatti, l'avantreno della "2300" era sì a quadrilateri deformabili, ma adottava una molla elicoidale al posto delle barre di torsione longitudinali della "Alfetta". Al retrotreno (che era a ponte rigido), poi, non v'era traccia alcuna del ponte De Dion con parallelogramma di Watt che era invece prerogativa della "Alfetta". La "2300" evitava anche di adottare lo schema transaxle della "Alfetta" (cambio posteriore in blocco col differenziale), preferendo invece un cambio anteriore in blocco col propulsore. Nella "2300", la cilindrata del bialbero 4 cilindri in linea (garantito per 100.000 chilometri) era stata portata a 2310 cc: la testata era in alluminio e l’alimentazione era assicurata da due carburatori Solex a doppio corpo: la vettura era così in grado di erogare 140 cv SAE a 5.700 giri/min. e di raggiungere i 170 km/h, con un'accelerazione 0-100 km/h in 11,7 secondi (contro i 184 km/h della Alfetta, capace di accelerare da 0 a 100 km/h in 9,8 secondi). Per quanto riguarda l'abitacolo, la plancia era simile a quella della "Alfetta" del 1972.
La "2300" venne prodotta in svariate versioni. La "2300" dal 1974 al 1978; la "2300 B", la "2300 Ti" e la "2300 Rio" dal 1978 al 1980...
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